Uno smartphone e sei giornalista!

Sfido chiunque a contraddire il titolo.

Oramai è ovvio il fatto che un contenuto – sia esso video, testo, fotografia – proveniente da uno smartphone e messo in rete, vada considerato immediatamente e a pieno  diritto una notizia e chi l’ha diffuso sia definito giornalista o per essere più precisi citizen journalist. E’ la vecchia storia del giornalismo partecipativo.

La parola ‘cittadino’ viene inserita  solo per non fare sobbalzare sulle poltrone chi è seduto da troppo tempo, e lo smartphone non lo sa usare, pur avendolo.

Il termine crea quella linea di confine che permette da un lato, ai ‘poltroni’ di non vedere intaccato il loro titolo e dall’altra il nuovo ‘titolato’ si sente un professionista e proseguirà legittimato il suo ‘lavoro’.

Aldilà degli sfoghi personali, un’avvertenza a tutti quelli che le notizie le leggono, proprio perchè prima della polemica delle poltrone a me interessa che chi legge sia consapevole. Bisogna ricordare che esiste un confine fra il cittadino informato e il giornalista.

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Se hai talento fallo (s)fruttare

Leggo l’ennesima ricerca di persone ‘comuni’ per fare lavori a gratis, per ricoprire ruoli che dovrebbero essere occupati da professionisti… Ovviamente il linguaggio utilizzato è tutto improntato a far sentire chi legge come un potenziale Pulitzer…Diventa reporter anche tu, informa la tua città… sarai pubblicato, raggiungerai popolarità…

Magazine che cercano citizen journalist (la prima parola sta lì, per aver una motivazione per non pagare uno stipendio), altri cercano talenti fotografici a cui assegnare campagne ADV, altri ancora volti per la tv, che non si sa bene che debbano fare.

Dove stiamo andando? Mentre questo accade, Fornero si dimena sull’art. 18 e tanti altri seguono il suo balletto a passi opposti, ma che importa… tanto nessuno vuol più lavorare, ma solo essere ‘famoso’ e visibile. 

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